DOINA BOTEZ

Doina Botez nasce a Bucarest nel 1951. Consegue la laurea in Belle Arti nel 1975, con la borsa di merito “Ion Andreescu” vinta nel 1974, presso l’Istituto “Nicolae Grigorescu” di Bucarest. Si dedica all’illustrazione dei libri, soprattutto dei bambini, oltre alla pittura e alla grafica, e diventa anche scenografa della casa cinematografica rumena di cartoni animati Animafilm. Fin dal 1974 partecipa alle esposizioni collettive organizzate dall’Ordine degli Artisti di Romania.

Nel 1984 Le viene conferita una borsa di studio, in Italia, nel quadro dell’accordo culturale italo – rumeno. Riesce ad esprimere, nella sua opera, anche alcuni aspetti tragici della dittatura, fino alle ammonizioni per le illustrazioni dei versi della poetessa dissidente Ana Blandiana. Al suo attivo, dal 1978, ha numerose mostre personali, oltre alle partecipazioni a rassegne internazionali. Vive e lavora a Roma dal 1989 e nel 2004 diventa cittadina italiana. Nel gennaio 1996, su invito del Governo Rumeno, in occasione della mostra “Monumenta Romaniae Vaticana”, esegue un’interpretazione della “Madonna Rumena” quale dono a Sua santità Giovanni Paolo II. Nel 2000 realizza l’opera monumentale raffigurante un baccanale con personaggi e simboli tipici del corteo dionisiaco, dipinto che orna una delle cupole delle grotte d’invecchiamento ed affinamento della cantina d’arte della casa vinicola Mastroberardino.
 

CRITICHE:

Grigore Arbore: Se dovessimo seguire i canoni delle classificazioni stilistiche definiremmo la pittura di Doina Botez come una pittura di matrice espressionista. Senza dubbio l'artista ha sintonizzato l'udito alle impalpabili e non udibili grida dei quadri di Munch. Ha addolcito però la loro tensione filtrandole attraverso le gamme coloristiche di Baba e Ciucurencu, in una bizzarra originale combinazione, piena di vivacità. Il suo espressionismo sarebbe quindi temperato da una inclinazione verso la contemplazione che fa sì che le immagini artistiche abbiano quasi il carattere di radiografie colorate di certi stati dello spirito proiettate all'esterno, nella gente e nel paesaggio.

Giorgio Di Genova: guardare il mondo pittorico di Doina Botez ci si avvedrà che ella non guarda al vero, alla realtà vera, quella che ci sta davanti tutti i giorni, ma piuttosto cerca di individuare una reatà interiore...

Flaminio Gualdoni ….Sono i satiri e le baccanti di Botez eredi del fasto lussurioso, intriso di magico e di ombre terragne, che dal controllo formale italiano, e dalla tensione alla deviazione formale pur sempre stilistica del Manierismo nostrano, sboccia, nel Seicento, nella visionarietà nordica e mitteleuropea, devota al riscatto dell'orrido, dell'eccesso, della dismisura, che corre tra Praga e le Fiandre. …. pitture turgide, sontuosamente irritate, affidandosi a grafie pericolanti, a un comporre per squilibri e collisioni, soprattutto a un clima coloristico dalle dominanti sottilmente forzate. Ecco, è proprio il valore coloristico l'elemento a un tempo reagente e scatenante di questo processo inventivo: il prevalere di rossi spinti sovratono sino a una sorta di vibrazione febbrile, il loro imporsi su tessiture imbigite di terre, su verdi e gialli e celesti disagiati, inameni, indotti a una condizione di straniamento estetico: e un'atmosfera di notturno con luci d'apparizione, una sorta di margine peccaminoso della luce e della forma: quando al pensiero s'affaccia l'ansia sensuale che non passa per la ragione, impasto oscuro e fremente d'eros e di morte.

 

Domenico Guzzi: Una materia che, non di rado e in alcuni «luoghi» dei dipinti, appare ampiamente elaborata; «luoghi» su cui capita che pur si colga un «grumo» lasciato dal passaggio del pennello. Denso e significante «spessore» che, in altra parte dello stesso dipinto, può accadere che si osservi convivere con soluzioni, viceversa, maggiormente «rarefatte», se non proprio «pellicolari». I personaggi, infatti, sono sempre dichiarativi d'una situazione, d'una condizione d'esistenza. La loro gestualità, allora, non e affatto «gratuita», ma segue una logica ed una «disciplina» compositiva; gli spazi di reciproca separazione sono altresì interagenti: uniscono oltre che separare; le luci, infine, «battono» sul soggetto, le ombre avvolgono il rimanente. La pittura della Botez è a «camera» fissa sulla scena. Ciò vuol significare che essa, com'e naturale, inquadra tutto, ma, soprattutto, quel che è «messo in luce» dalla «sceneggiatura».

Paolo Levi: Doina Botez gioca di pennello e di spatola; in alcuni tratti della composizione il colore pare ispessirsi, coagularsi in timbricità forti e trasparenti, in contrappunti di rosso-sangue e di bianchi improvvisi, avvertimento di possibili luminosità che non sono di questa terra. È pittrice che conosce l'arte del disegno, che si percepisce sotteso al colore tracciato con violenza, vorrei dire con rabbia controllata, che sa essere gestuale, senza mai cadere nell'informale gratuito. A livello formale il colore si stende e si forgia come una lingua di fuoco. Questo rosso è aggressivo, turbinoso come un sole che getta luce sui personaggi solo apparentemente attivi, che sembrano recitare in una commedia consumata, perché troppe volte replicata. ... viene in luce una lettura della tradizione pittorica europea, a cui si aggiunge la capacità, del tutto contemporanea e originale, di osservare i propri moti d'animo, di provare stupore ed emozioni e, quindi, di tradurli in immagine pittorica.

Doina Botez

Doina Botez ha esposto in Galleria Arena (Vedi)

Foto delle opere