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"Allo specchio" cm 40x50 - 2006

 

" La tentazione di Eco" 40x100 - 2006

Plinio Perilli, Residenze di luce
"Non so dove i gabbiani abbiano il nido, ove trovino pane", cantano dei versi melanconici e ariosi di Cardarelli. Ma forse a qualche posto bello e raro, e concesso d'ospitarli, oltre che alla poesia. Progetti minimi e semplici di meraviglia, policromi teoremi sensibili, immoti eppure sommossi, i quadri di Doina Botez offrono finalmente nidi ai gabbiani, residenza alla luce, ricambiano d'azzurro ricordi o cieli sconfinati di mare... Una pittura gravida di colori, emozioni, paziente vestale d'una luminosità che s'elegge a entusiasta, sacra protagonista dell'opera. Cosi lo spettro solare s'amplia o si condensa, illimpidito di variazioni, o annebbiato da un bianco destino irradiante (moderna eredità dei vapori abbacinati e sublimi di Turner? l'Azzurro asfissiante di Mallarmé? il sintetismo idealista e la Noa Noa di Gauguin?). Doina Botez, li dipinge: i suoi due oceani, talvolta laghi aperti del cuore, luoghi d'anima. E come l'anima, costruisce rimorsi, coltiva anditi o simulacri, instaura pretesti, adombra pudori di tenerezza. Quel ventoso, arruffato nodo d'azzurro e bianco dei gabbiani come alati amanti fermati in volo - quel cielo grondante e padrone di mezzo quadro, sinuoso di giallo-luce, di frammenti inesplosi fra pennellate d'orizzonte e trasversali sorgenti di chiarita, tempeste languidamente sognate, restituite dalla tela, ma domiciliate nell'Io... Il colore si aggruma generoso, s'addensa carico di presagi romantici, che il suo stesso deliquio ama svelarci, gioca a dire più nudi. Un vicolo scuro, segreto dietro la panoramica, densa trasparenza proclamata; un tranquillo, ostile fil di ferro che divide confini di proprietà e arrugginisce "Al tramonto" i medesimi scenari dell'incanto, frena, imprigiona l'eterna fuga dell'anima... Tutto questo e con questo, Doina Botez ci ammalia, ci rassicura - quasi reciproco, fulgido o sfiorito controsenso di Luce.

 

"Eco" 40x80 anno 2007

Sono vari e complessi gli elementi che Doina Botez coinvolge nel proprio processo di invenzione pittorica.In primo luogo, la lezione alta e non univoca della vicenda espressionista, quella Nervenkunst che, tra fine Ottocento e primi Novecento, segna l'irrompere stesso del versante dionisiaco, legittimato ormai come polo ineludibile dell'apollineo, entro l'orizzonte delle aspettative estetiche.In secondo luogo, con perfetto balance intellettuale, il ricorso a iconografie non facoltative, legate anzi per congeneità proprio a quel medesimo orizzonte: che siano figure di danza, carnascialesche, oppure di baccanale.
Ciò le consente da un canto di schiudere un repertorio di echeggiamenti simbolici che riportano, per altra via, nuovamente alla transizione otto-novecentesca, come eccitando e facendo crepitare gli umori di simbolo sottesi alle svolte secessioniste. D'altro canto, la porta a recuperare in modo non longhianamente ortopedico uno strumentario iconografico che vale, per l'idea storica dell'arte, la rilettura in chiave autre delle persistenze "pagane" entro la tradizione rinascimentale e barocca.
 (Flaminio Gualdoni)

 

 

 

"Sogno"

Acrilico e olio su tela
cm 50x40

 

Approfondimenti e opere alla sezione Artisti

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